Gin
Juniperus Communis L., noto con il nome di Ginepro, è una specie di piante della famiglia delle Cupressaceae, arborea o arbustiva, aghifoglia, sempreverde, dioica e diffusa in tutto l’emisfero boreale: bacino del Mediterraneo, Africa settentrionale, Europa, Caucaso, Nord America, Giappone, Cina ed Himalaya. Il suo utilizzo erboristico era conosciuto già dalle civiltà antiche come Egizi e Babilonesi che ne sfruttavano le proprietà diuretiche, eupeptiche e antinfiammatorie. In epoca romana Catone il Censore, nel suo libro De Re Rustica, consigliava il vino aromatizzato con le bacche di ginepro per curare la sciatica ed era una delle spezie che componeva nel Medioevo i vini d’erbe della Scuola Medica di Salerno, che per le loro capacità medicamentose venivano chiamati anche Vini Ippocratici, in onore del medico greco, da cui deriva il termine Ippocrasso che tuttavia si diffuse solo a partire dal Rinascimento. Nel Medioevo la tecnica della distillazione viene importata dal mondo arabo anche in Europa e partendo dalle nazioni affacciate sul Mediterraneo inizia, si dice grazie ai monaci, a diffondersi verso i paesi del nord ma solo all’inizio del XVII secolo compaiono delle tracce scritte che certifichino come il ginepro venisse utilizzato in queste acquaviti, non solo per motivi medici, visto che nel 1606 gli olandesi imposero accise sul Jenever e sui liquori simili in quanto bevande alcoliche. Questa documentazione storica precede di mezzo secolo la narrazione popolare secondo cui questa acquavite sia stata inventata dal medico e professore olandese Franciscus de le Boë, noto con il nome di Sylvius.
La prima diffusione di bevande aromatizzate con il ginepro in Inghilterra sembra sia imputabile all’alleanza con gli Olandesi durante la Guerra dei Trent’Anni, svoltasi fra il 1618 ed il 1648, dove i militari britannici avrebbero testato il Dutch Courage, nome con cui veniva chiamato il Jenever dai soldati che avevano l’abitudine di assumerlo, in moderate dosi, prima di iniziare la battaglia. Quando poi Guglielmo III salì al trono inglese, nel 1689, incoraggiò l'ascesa della distillazione britannica e rese molto più facile la produzione di alcolici con il Distilling Act del 1690. Questa legge liberale, unita al gusto per gli alcolici aromatizzati al ginepro, generò, soprattutto a Londra, un aumento della produzione di Gin che al suo apice, attorno al 1730, ammontava a 53 litri per persona all’anno, somministrati in oltre 7000 negozi di alcolici autorizzati, senza poter tener conto della fabbricazione clandestina dilagante tanto che si racconta che una casa londinese su cinque distillasse. In questo periodo storico, ribattezzato con il nome di Gin Craze, la qualità del Gin andò velocemente a calare, in primis per la concorrenza tra i produttori che iniziarono ad utilizzare cereali di minor pregio ma anche per le scarse conoscenze tecniche e chimiche degli stessi, che non tagliavano le teste di distillazione e sovente aromatizzavano l’acquavite con acidi e resine dagli effetti dannosi per l’organismo. Questo decadimento della qualità del prodotto, oltre che della qualità della vita dei suoi fruitori provocò due conseguenze: la prima, politica, con la promulgazione da parte di re Giorgio II del Gin Act del 1736, che limitava produzione e vendita di questo distillato, la seconda, merceologica, che vide l’affermarsi di nuove tipologie di Gin.
I Gin Acts non sortirono immediatamente gli effetti desiderati, anzi, l’aumento della tassazione e l’imposizione di tariffe esorbitanti per aprire e gestire le licenze andò solamente ad incentivare maggiormente il mercato clandestino; fu invece la carenza di cereali ed il conseguente aumento di prezzo a porre un freno al Gin Craze. Intanto l’Impero Britannico cresceva di dimensioni e di ricchezze grazie alle politiche commerciali e a Londra si svilupparono i prodromi della Rivoluzione Industriale che inizialmente generarono benessere anche nei ceti meno abbienti. In quello stesso periodo, gli ultimi decenni del XVIII secolo, si andarono inoltre a sviluppare nuove tecniche di distillazione: furono brevettati i primi Patent Still, fra cui il più famoso, quello dell’inventore irlandese Aeneas Coffey, che gettò le basi per la distillazione continua e permise di produrre acquaviti con rettifiche migliori. Il Gin, su cui il governo inglese pretendeva elevati standard qualitativi, beneficiò di queste innovazioni e le aromatizzazioni con frutta e zuccheri iniziarono a scomparire, non essendo più necessarie a mascherare i difetti del prodotto. Iniziarono a diffondersi i primi Dry Gin, consumati nei Gin Palace londinesi, locali magnificenti amati dalla classe dei lavoratori e che hanno trasformato il bere in un’occasione sociale, ma anche nelle colonie dai soldati inglesi della Compagnia delle Indie Orientali che lo mescolavano al chinino, utilizzato per prevenire la malaria, al lime per evitare lo scorbuto, zucchero e acqua, dando vita al precursore del Gin Tonic.
Il Dry Gin ben presto divenne il distillato preferito dell’alta società inglese dell’Era Vittoriana e la sua propensione alla miscelazione gli permise di trovare successo in America dove stava prendendo piede la moda dei drink, spesso sostituendo le acquaviti di uva e vino che in quegli anni subirono enormi cali produttivi a causa della fillossera che aveva colpito i vigneti europei. Nonostante il Proibizionismo statunitense il consumo continuò, clandestinamente negli Speakeasy, e favoriva acquaviti che non necessitavano di affinamenti mentre la produzione domestica si spostava nei bagni, dove la vasca divenne luogo ideale per fermentazioni e macerazioni: nascevano i Bathtub Gin, chiamati anche Cold Compound, che a differenza dei Dry Gin non prevedono la distillazione dopo aver fatto macerare le botaniche in alcol. Inoltre a causa del proibizionismo molti bartender americani emigrano in Europa portando anche nel Vecchio Continente la cultura dei miscelati che raggiunse l’apice del successo negli anni ‘50 e ‘60 quando i cocktail a base Gin comparvero sul grande schermo nelle mani delle Star di Hollywood. Sono poi sopraggiunte altre mode e lentamente il consumo di Gin si è ridimensionato a favore di altre bevande e differenti acquaviti, tuttavia nell’ultimo decennio, probabilmente in virtù dei gusti cambiati e maggiormente orientati verso la secchezza, si sta verificando un forte ritorno di questo distillato, e qualcuno parla di una moderna Gin Craze.
Per monitorare e regolamentare il crescente mercato di liquori e distillati, accomunati dalla dicitura di Bevande Spiritose, il Parlamento Europeo è andato a definire diverse categorie merceologiche, definendo le specifiche tecniche di ciascuna di queste tipologie di prodotto, di cui quattro accomunate dall’utilizzo di Juniperus communis L. ma differenti sia nella metodologia produttiva che nel gusto finale: le bevande spiritose al ginepro, i Gin, i Distilled Gin e i London Gin. Nel primo caso i fattori discriminati sono il titolo alcolometrico minimo del 30% e l’aggiunta di acquavite di cereali, aspetti che li escludono dalla denominazione Gin anche se, gergalmente e storicamente, alcuni di questi prodotti vengono comunicati come peculiari tipologie di Gin. I successivi tre punti trattano invece le diverse espressioni normative del Gin, che si distinguono dalle bevande spiritose per il titolo alcolometrico volumico minimo del 37,5% e per la matrice di partenza costituita da alcole etilico di origine agricola, definito come un liquido ottenuto esclusivamente dalla fermentazione e successiva distillazione da materie prime vegetali alcoligene, privo di gusti rintracciabili estranei alle materie prime utilizzate nella sua produzione, con un titolo alcolometrico volumico minimo pari al 96,0% e ben precisi valori massimi di impurezze ammissibili.
Una volta scelta la natura dell’alcol etilico il produttore può diluirlo con acqua e mettervi in macerazione le botaniche a lui più congeniali, fra cui l’unica indispensabile a livello normativo è il ginepro, e ottenere Gin, che generalmente viene chiamato Cold Compound Gin perché derivante dalla macerazione a freddo degli ingredienti, oppure Bathtub Gin, collegandosi alla tradizione di utilizzare questo sanitario come contenitore per la produzione negli anni del Proibizionismo Statunitense. Se invece l’alcol aromatizzato viene nuovamente distillato il prodotto può ricadere in una delle due categorie successive, quella del London Gin e quella del Distilled Gin. Per la prima tipologia la normativa richiede la presenza di tutte le sostanze aromatizzanti durante la distillazione, permettendo comunque al mastro distillatore di aggiungere eventualmente nuove botaniche in dei cestelli sospesi all’interno dell’alambicco o nel Carter Head per estrarre l’aroma dalle stesse attraverso il vapore di alcol che le percorre senza correre il rischio di surriscaldare le componenti più delicate e sfruttando il potere solvente maggiore dell’alto grado, motivo per cui talvolta si trova la specifica Vapour Infused. Nel caso del London Gin i vapori ricondensati non possono più essere modificati con coloranti, edulcoranti o ingredienti differenti dall’acqua che viene utilizzata per diluirlo fino al titolo alcolometrico volumico previsto, purché superiore al minimo stabilito del 37,5%. Se invece il produttore decide di impiegare ulteriori sostanze aromatizzanti o di aggiungere preparazioni aromatiche ottenute dalla distillazione di altre botaniche, rispettando comunque il titolo alcolometrico volumico minimo imposto, il risultato ottenuto rientra nella categoria dei Distilled Gin.
REGOLAMENTO (UE) 2019/787 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 aprile 2019 relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all'etichettatura delle bevande spiritose, all'uso delle denominazioni di bevande spiritose nella presentazione e nell'etichettatura di altri prodotti alimentari, nonché alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e all'uso dell'alcole etilico e di distillati di origine agricola nelle bevande alcoliche, e che abroga il regolamento (CE) n. 110/2008.
ALLEGATO I, CATEGORIE DI BEVANDE SPIRITOSE
19. Bevanda spiritosa al ginepro
a) La bevanda spiritosa al ginepro è una bevanda spiritosa ottenuta mediante aromatizzazione di alcole etilico di origine agricola o acquavite di cereali o distillato di cereali o una combinazione di tali prodotti con bacche di ginepro (Juniperus communis L. o Juniperus oxicedris L.).
b) Il titolo alcolometrico volumico minimo delle bevande spiritose al ginepro è di 30 % vol.
c) Possono essere impiegate come complemento alle bacche di ginepro altre sostanze aromatizzanti, preparazioni aromatiche, piante con proprietà aromatizzanti o parti di esse o una combinazione di questi elementi, ma le caratteristiche organolettiche del ginepro devono essere percettibili, sebbene talvolta attenuate.
d) La bevanda spiritosa al ginepro può recare la denominazione legale «Wacholder» o «genebra».
20. Gin
a) Il gin è la bevanda spiritosa al ginepro ottenuta mediante aromatizzazione con bacche di ginepro (Juniperus Communis L.) di alcole etilico di origine agricola.
b) Il titolo alcolometrico volumico minimo del gin è di 37,5% vol.
c) Nella produzione del gin possono essere impiegate soltanto sostanze aromatizzanti o preparazioni aromatiche, in modo che il gusto di ginepro sia predominante.
d) Il termine «Gin» può essere completato dal termine «Dry» se la bevanda spiritosa non contiene edulcoranti in quantità superiore a 0,1 grammi di prodotto finale per litro, espressi in zucchero invertito.
21. Gin distillato
a) Il gin distillato è:
i) la bevanda spiritosa al ginepro ottenuta esclusivamente mediante distillazione di alcole etilico di origine agricola con un titolo alcolometrico iniziale di almeno 96 % vol., in presenza di bacche di ginepro (Juniperus communis L.) e di altri prodotti vegetali naturali, a condizione che il gusto di ginepro sia predominante; oppure
ii) la combinazione del prodotto di tale distillazione con alcole etilico di origine agricola di uguale composizione, purezza e titolo alcolometrico. Per l'aromatizzazione del gin distillato possono essere impiegate anche sostanze aromatizzanti o preparazioni aromatiche come indicato alla categoria 20, lettera c).
b) Il titolo alcolometrico volumico minimo del gin distillato è di 37,5 % vol.
c) Il gin prodotto unicamente aggiungendo essenze o aromi all'alcole etilico di origine agricola non è gin distillato.
d) Il termine «gin distillato» può includere o essere completato dal termine «dry» se la bevanda spiritosa non contiene edulcoranti in quantità superiore a 0,1 grammi di prodotto finale per litro, espressi in zucchero invertito.
22. London gin
a) Il London gin è un gin distillato che soddisfa i seguenti requisiti:
i) è prodotto esclusivamente da alcole etilico di origine agricola, con un tenore massimo di metanolo di 5 g/hl di alcole al 100 % vol., il cui aroma è dovuto esclusivamente alla distillazione di alcole etilico di origine agricola, in presenza di tutti i materiali vegetali naturali impiegati;
ii) ha un titolo alcolometrico pari o superiore a 70 % vol.;
iii) qualsiasi altro alcole etilico di origine agricola aggiunto soddisfa i requisiti di cui all'articolo 5, ma con un tenore massimo di metanolo non superiore a 5 g/hl di alcole al 100 % vol.;
iv) non contiene coloranti;
v) non contiene edulcoranti in quantità superiore a 0,1 grammi di prodotto finale per litro, espressi in zucchero invertito;
vi) non contiene alcun altro ingrediente oltre a quelli di cui ai punti i), iii) e v) e acqua.
b) Il titolo alcolometrico volumico minimo del London gin è di 37,5 % vol.
c) Il termine London gin può includere o essere completato dal termine «dry».