Barrel Aged Gin
L'utilizzo di contenitori di legno risale alla preistoria, è probabile sia contemporaneo alla nascita dei primi magazzini negli insediamenti del Neolitico, con certezza invece le civiltà mesopotamiche e egiziane, nell’antichità, li utilizzavano per conservare e trasportare derrate alimentari. La loro applicazione nel mondo delle bevande alcoliche è testimoniata solamente in età repubblicana romana come confermato da Plinio il Vecchio nel libro Naturalis Historia che descrive i metodi per la conservazione del vino riportando che nelle regioni della Gallia Cisalpina lo si racchiude in recipienti di legno rinforzati con cerchiature. Queste botti, ricavate da tronchi di rovere o castagno, erano più capienti e resistenti delle anfore, si trasportavano bene e parevano particolarmente adatte a preservare il loro contenuto in zone dove si riscontravano frequenti variazioni di temperatura. Lentamente questa tecnologia si diffuse in tutto l’Impero, supportata dall’interesse dei consumatori per il sapore delle bevande stoccate al loro interno, influenzato dalle reazioni chimiche tra il legno e il liquido. Dopo la caduta dell’Impero Romano l’arte della fabbricazione delle botti fu custodita dai monasteri per poi nuovamente diffondersi nel mondo laico in periodo tardo medioevale comportando la nascita della figura artigianale del mastro bottaio mentre la pratica di utilizzare barili di legno si è diffusa anche in altre parti del mondo adattandosi ad altre bevande, fra cui liquori e acquaviti, contribuendo a sviluppare stili e arricchendo i loro profili aromatici di sapori unici grazie a elementi come tannini, lignina e vanillina.
Nell’età Moderna l'espansione degli scambi internazionali e lo sviluppo di rotte di commercio marittimo hanno premiato i contenitori in legno, come botti e barili, che non erano solo pratici poiché leggeri e facili da maneggiare ma anche funzionali in virtù di resistenza, semplicità di riparazione e possibilità di riutilizzo: un vantaggio significativo in un'epoca in cui le risorse erano spesso limitate. Utilizzati anche per il trasporto di bevande alcoliche, sia con fini commerciali che destinati al consumo della ciurma, si sono rivelati particolarmente vantaggiosi per i distillati poiché la loro lenta permeabilità all’ossigeno migliora la stabilità e il sapore dell’acquavite, filtrando gli elementi sgradevoli, traspirando sostanze volatili e integrando l'etanolo con i composti aromatici naturalmente contenuti nel legno. Queste fortuite migliorie del profilo organolettico dei prodotti hanno spinto ad attenzionare un aspetto al tempo considerato marginale nel mondo dei distillati, quello della maturazione, contribuendo a migliorare la qualità di determinate tipologie in maniera duratura. Secoli di prove empiriche, avvalorate dalle più moderne conoscenze di chimica organica, hanno definito le numerose variabili che regolano la complessa arte dell’affinamento: tipologia di legno, grado di tostatura, numero di utilizzi, tempo, temperatura, umidità, tenore alcolico del liquido, per citare solo le più importanti.
Tuttavia, mentre per alcuni distillati l’affinamento è divenuto un processo obbligatorio del disciplinare e caratterizzante per la tipologia, il Gin consumato in Inghilterra ha abbandonato velocemente i contenitori di legno a favore di materiali inerti come il vetro, più probabilmente per un vezzo estetico collegabile al successo ottenuto presso le classi sociali più altolocate in epoca contemporanea, piuttosto che per privilegiare i composti aromatici delle spezie utilizzate, che altrimenti rischiano di essere sopraffatti dal legno. Successivamente, a cavallo fra XIX e XX secolo, il Gin si è ritagliato un posto privilegiato nel neonato mondo della miscelazione, distinguendosi per limpidezza, leggerezza, freschezza e aromaticità, caratteristiche che hanno contribuito a definire le ricette di cocktail intramontabili e a farlo conoscere come acquavite non affinata. Negli ultimi anni invece il rinnovato interesse per il Gin ha spinto diversi produttori a sperimentare l'invecchiamento in botti di legno per conferire al prodotto una complessità e profondità di sapore atipiche, che permettano sia un più diffuso consumo del distillato in purezza che nuove opportunità nel mondo dei cocktail, creando combinazioni sorprendenti e innovative. Così, dopo decenni di affinamenti in contenitori inerti, il Gin ritorna a confrontarsi anche con le botti, rispolverando una tradizione così a lungo dimenticata da farla sembrare una novità.
Barrel Aged Gin
L'utilizzo di contenitori di legno risale alla preistoria, è probabile sia contemporaneo alla nascita dei primi magazzini negli insediamenti del Neolitico, con certezza invece le civiltà mesopotamiche e egiziane, nell’antichità, li utilizzavano per conservare e trasportare derrate alimentari. La loro applicazione nel mondo delle bevande alcoliche è testimoniata solamente in età repubblicana romana come confermato da Plinio il Vecchio nel libro Naturalis Historia che descrive i metodi per la conservazione del vino riportando che nelle regioni della Gallia Cisalpina lo si racchiude in recipienti di legno rinforzati con cerchiature. Queste botti, ricavate da tronchi di rovere o castagno, erano più capienti e resistenti delle anfore, si trasportavano bene e parevano particolarmente adatte a preservare il loro contenuto in zone dove si riscontravano frequenti variazioni di temperatura. Lentamente questa tecnologia si diffuse in tutto l’Impero, supportata dall’interesse dei consumatori per il sapore delle bevande stoccate al loro interno, influenzato dalle reazioni chimiche tra il legno e il liquido. Dopo la caduta dell’Impero Romano l’arte della fabbricazione delle botti fu custodita dai monasteri per poi nuovamente diffondersi nel mondo laico in periodo tardo medioevale comportando la nascita della figura artigianale del mastro bottaio mentre la pratica di utilizzare barili di legno si è diffusa anche in altre parti del mondo adattandosi ad altre bevande, fra cui liquori e acquaviti, contribuendo a sviluppare stili e arricchendo i loro profili aromatici di sapori unici grazie a elementi come tannini, lignina e vanillina.
Nell’età Moderna l'espansione degli scambi internazionali e lo sviluppo di rotte di commercio marittimo hanno premiato i contenitori in legno, come botti e barili, che non erano solo pratici poiché leggeri e facili da maneggiare ma anche funzionali in virtù di resistenza, semplicità di riparazione e possibilità di riutilizzo: un vantaggio significativo in un'epoca in cui le risorse erano spesso limitate. Utilizzati anche per il trasporto di bevande alcoliche, sia con fini commerciali che destinati al consumo della ciurma, si sono rivelati particolarmente vantaggiosi per i distillati poiché la loro lenta permeabilità all’ossigeno migliora la stabilità e il sapore dell’acquavite, filtrando gli elementi sgradevoli, traspirando sostanze volatili e integrando l'etanolo con i composti aromatici naturalmente contenuti nel legno. Queste fortuite migliorie del profilo organolettico dei prodotti hanno spinto ad attenzionare un aspetto al tempo considerato marginale nel mondo dei distillati, quello della maturazione, contribuendo a migliorare la qualità di determinate tipologie in maniera duratura. Secoli di prove empiriche, avvalorate dalle più moderne conoscenze di chimica organica, hanno definito le numerose variabili che regolano la complessa arte dell’affinamento: tipologia di legno, grado di tostatura, numero di utilizzi, tempo, temperatura, umidità, tenore alcolico del liquido, per citare solo le più importanti.
Tuttavia, mentre per alcuni distillati l’affinamento è divenuto un processo obbligatorio del disciplinare e caratterizzante per la tipologia, il Gin consumato in Inghilterra ha abbandonato velocemente i contenitori di legno a favore di materiali inerti come il vetro, più probabilmente per un vezzo estetico collegabile al successo ottenuto presso le classi sociali più altolocate in epoca contemporanea, piuttosto che per privilegiare i composti aromatici delle spezie utilizzate, che altrimenti rischiano di essere sopraffatti dal legno. Successivamente, a cavallo fra XIX e XX secolo, il Gin si è ritagliato un posto privilegiato nel neonato mondo della miscelazione, distinguendosi per limpidezza, leggerezza, freschezza e aromaticità, caratteristiche che hanno contribuito a definire le ricette di cocktail intramontabili e a farlo conoscere come acquavite non affinata. Negli ultimi anni invece il rinnovato interesse per il Gin ha spinto diversi produttori a sperimentare l'invecchiamento in botti di legno per conferire al prodotto una complessità e profondità di sapore atipiche, che permettano sia un più diffuso consumo del distillato in purezza che nuove opportunità nel mondo dei cocktail, creando combinazioni sorprendenti e innovative. Così, dopo decenni di affinamenti in contenitori inerti, il Gin ritorna a confrontarsi anche con le botti, rispolverando una tradizione così a lungo dimenticata da farla sembrare una novità.
La Selezione di Ferrowine:
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