Spirit vendita online: solo su Ferrowine
Quando dopo cena arriva il momento dell’ammazzacaffè, hai la possibilità di scegliere tra diversi Spirit.
Puoi concludere il pasto con un amaro o con un ottimo distillato. Non ti resta altro che scegliere!
Anche se spesso le loro proprietà e caratteristiche vengono confuse o sovrapposte, saper distinguere un distillato da un liquore è fondamentale per degustare la tua bevanda alcolica nella maniera più adeguata.
Cosa sono gli Spirit? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.
Con il termine Spirit si identifica una gamma davvero ampia di prodotti che si differenzia per materia prima di origine, metodi di produzione e gradazione alcolica.
Il mondo degli Spirit si divide in 3 grandi macrocategorie: distillati, liquori, amari e bitter. Vediamoli assieme.
Distillati
I distillati sono il risultato della distillazione di materie prime fermentate, legate all’attività dell’uomo e/o dei frutti della terra di una determinata zona. Molto spesso infatti un distillato parla di un territorio, della sua storia e degli uomini che la vivono.
È definito distillato (o acquavite) un qualsiasi prodotto alcoolico derivante dalla distillazione di miscele di origine vegetale fermentate, contenenti alcol a bassa gradazione, che vengono concentrate per ottenere alcool a più elevata gradazione. Le materie prime inizialmente distillate possono essere di vario tipo, ognuna delle quali dà origine ad un prodotto diverso; infatti esistono numerose qualità di acqueviti in tutto il mondo: il Brandy, il Cognac, l’Armagnac sono acqueviti di vino, la Vodka di patate, il Whisky di cereali, il Rhum di canna da zucchero, la Grappa di vinacce eccetera.
La normativa vigente stabilisce per le acquaviti o distillati una gradazione alcolica tra il30% e l’86%, mentre il tasso di alcol metilico tollerato dipende dal tipo di acquavite.
I distillati si dividono a loro volta in diverse famiglie, queste le principali: Armagnac, Brandy, Cachaca, Calvados, Cognac, Gin, Grappa, Mezcal, Jenever, Pisco, Rum, Tequila, Vodka, Whisky.
Armagnac
L’armagnac è un’acquavite di vino francese a denominazione di origine controllata prodottanella regione storica della Guascogna, suddivisa tra i dipartimenti delle Landes, del Gers, e diLot-et-Garonne nel Sud-Ovest della Francia. Prende il nome dall’antica contea di Armagnac, ilcui territorio storico corrisponde all’attuale zona di produzione.
Un po' di storia. L’armagnac è a buon diritto la più antica acquavite di Francia. La sua prima menzione astampa è del 1531, ma il manoscritto da cui deriva il libro, custodito nella Biblioteca Vaticana,è del 1310, ad opera di Vital duFour, abate del monastero di Eauze nel cuore della conteadi Armagnac, che ne elencava quaranta virtù “medicinali”. Le prime tracce dell’Armagnacrisalgono al Medioevo quando veniva indicato come aygue ardente (aqua vitae), distillataed usata come medicinale nelle antiche università e nei monasteri. La produzione per uso voluttuario inizia attorno alla metà del Quattrocento e circa mezzo secolo più tardi se nesviluppa il commercio in botte.
Brandy
Brandy è il nome generico dell’acquavite ricavata dalla distillazione del vino, dopo un periodo di invecchiamento in botte; questa denominazione è universalmente impiegata; in alcune zone l’acquavite di vino riceve una denominazione d’origine legata al territorio di produzione (Armagnac, Cognac).
L’etimologia della parola viene fatta derivare dall’abbreviazione dell’inglese brandywine, a sua volta tradotto dall’olandese brandewijn, cioè vino bruciato (distillato). Gli Olandesi nel XVII secolo erano i più attivi mercanti di vini e di spiriti, e si rifornivano lungo le coste atlantiche, dalla Francia al Portogallo, per esportarli in Inghilterra e in tutto il Nord Europa.
Le prime testimonianze letterarie del termine risalgono al 1622: nella commedia inglese Beggar’s Bush attribuita a John Fletcher si leggono le parole «Buy brand wine». Un’altra testimonianza si ritrova nelle Roxburghe Ballads del 1650: «itis more fine thanbrandewine». Pare quindi che all’epoca il termine fosse già di uso corrente per il distillato di vino. Ancora oggi nel Regno Unito brandy si usa per indicare il cognac.
Altre teorie sostengono invece la derivazione dall’antico tedesco brant (“tizzone”), voce analoga a braudr (“spada”); secondo il dizionario di Enrico Levi l’analogia tra le due parole è nel lampeggiare e vibrare propri della fiamma e della spada.
Cachaca
La cachaça è un’acquavite, comune in Brasile, ottenuta dalla distillazione del succo di canna da zucchero. Nella preparazione della cachaça si utilizza solamente il succo della canna allo stato grezzo, non sottoposto cioè a raffinazione e a separazione della melassa (cosa invece obbligatoria nella fabbricazione del rum, altro distillato proveniente dalla canna da zucchero). Il succo opportunamente bollito, fermentato e distillato produce così l’acquavite finale.
La cachaça è prodotta in Brasile, dove è conosciuta con un’infinità di nomi diversi (più di 2000 nomi diversi e oltre 5000 marche) e vanta una produzione record nel paese, seconda nell’ambito degli alcolici solo alla produzione di birra.
Per la sua produzione vengono utilizzate tecniche miste; per far fermentare il succo di canna da zucchero vengono utilizzati lieviti specifici. La distillazione della cachaça può essere sia continua che discontinua. Dopo la distillazione la cachaça può essere a piacere fatta riposare in botti di legno. L’eventuale invecchiamento va dai due ai dodici anni e avviene normalmente in legno di quercia bianca brasiliana o in altre essenze tropicali di legni duri.
Dalla distillazione, dalla quale si ricava un prodotto di gradazione che varia dai 68 ai 70 gradi alcolici, si riduce a circa 40° Volprima di essere messa a dimora nelle botti di legno che variano da una capacità di 500 litri fino a 5000 litri.
La cachaça può essere bevuta pura o usata come base per cocktail a base di frutta tropicale; note nei bar di tutto il mondo la Caipirinha e la Batida.
Calvados
Il Calvados è un’acquavite di sidro di mela, o mela e pera, a denominazione di origine controllata prodotta nell’omonimo dipartimento francese della Bassa Normandia, nella Francia del Nord.
Il frutto è colto e spremuto per produrre un succo che fermentando diventa un sidro secco. Viene dunque distillato e diviene acquavite. Dopo almeno due anni di invecchiamento in barili di quercia, può essere venduto come Calvados. Più tempo invecchia, più diventa gradevole. Solitamente la maturazione dura diversi anni.
Esistono due tipi diverse di distillazione:
- La doppia distillazione viene effettuata in alambicchi tradizionali (‘l’alambic à repasse’ o ‘charentais’) e conferisce al prodotto aromi fruttati ricchi, complessi e delicati con un potenziale di lungo invecchiamento.
- La distillazione singola continua viene effettuata in un alambicco a colonna e conferisce al calvados un sapore di mela fresco e pulito, tuttavia troppo poco complesso per evolvere con un successivo invecchiamento.
Cognac
Le prime notizie della sua produzione risalgono al 1622, quando gli olandesi, che da secoli acquistavano vino e sale in queste contrade risalendo la Charente (fiume), insegnarono agli abitanti a distillare il vino, che mal sopportava i viaggi per mare verso il Nord Europa.
Il cognac in commercio si classifica secondo il grado di invecchiamento con alcune sigle di uso tradizionale; si compone quasi sempre di una miscela di acquaviti di annate diverse.
La legge francese vieta di indicare in etichetta l’anno di distillazione, con l’eccezione del cognac millesimato; a seconda della durata dell’invecchiamento, sulla bottiglia si possono trovare le seguenti Denominazioni legali:
- VS o De Luxe (Very Special) l’acquavite più giovane della miscela deve avere almeno due anni di invecchiamento;
- VSOP, o Réserve (VerySuperior oppure Very Special Old Pale) l’acquavite più giovane della miscela deve aver almeno quattro anni di invecchiamento;
- XO (Extra Old) l’acquavite più giovane della miscela deve avere almeno 6 anni di invecchiamento; questa è la massima garanzia legale di invecchiamento data dalla AOC del cognac.
Gin
La base del gin è un distillato di cereali, come granoturco, e bacche di ginepro, semi di coriandolo ed altre erbe aromatiche, sostanzialmente un prodotto incolore con gradazione alcolica tra 43° e i 45°. I gin più comuni e diffusi sono quelli Inglesi prodotti con un alambicco a colonna dal caratteristico gusto secco. I gin Olandesi, prodotti con l’alambicco “pot”, sono più ricchi, aromatici e di maggior corpo di quelli inglesi.
Contrariamente agli altri, i gin Olandesi subiscono un invecchiamento da uno a tre anni in botti di rovere, che gli conferisce un leggero colore dorato. In Italia viene prodotto un gin con le migliori bacche di ginepro del Mediterraneo e i produttori sostengono che le sue caratteristiche sono simili alla bevanda prodotta dai frati di Alverna nell’Aretino nel XIII secolo.
London dry gin, incolore, secco, profumato, in cui può anche essere utilizzata la dicitura “premium” indicante un grado alcolico superiore.
Old Tom gin, incolore e prodotto in Inghilterra, addolcito con una piccola quantità di zucchero o sciroppo di zucchero, era molto popolare in Inghilterra nel XVIII secolo. Molto probabilmente, il suo nome deriva dalla prima macchina distributrice automatica di bevande che alcuni pub Inglesi avevano installato nel 1700. Pare che i passanti, dopo avere depositato un penny nella bocca del gatto, venivano serviti dal bartender uno shot di ginattraverso un tubicino che arrivava all’esterno fino alla bocca del cliente.
Il Plymouth gin, incolore, secco, dal profumo molto intenso e con caratteristici sentori di radici, deve essere prodotto nella zona di Plymouth in Inghilterra, da cui prende il nome. Il Plymouth gin possiede una lunga storia poiché nacque nel 1793 e viene ancora prodotto nella più antica distilleria in funzione. Il Plymouth gin, con il suo caratteristico aroma, fin dal 1896 è stato sinonimo di cocktail in quanto si usava nell’originale Dry Martini e anche citato da moltissime altre ricette del tempo. Il Plymouth gin è rotondo e aromatico con un gusto caratterizzato dal ginepro e con note distinte ed eleganti di coriandolo, scorza di limone e d’arancia, tuttavia si tratta di una combinazione dell’Old Tom gin con il London gin.
Sloe gin, dal caratteristico color viola, aromatizzato anche con prugne selvatiche messe a macerare nel prodotto quindi filtrato e leggermente dolcificato.
All’interno della famiglia dei Gin annoveriamo anche il Jenever che è il progenitore del moderno gin. Nel passato era l’acquavite più consumata in Inghilterra e nelle colonie: veniva conservato in capienti brocche in ceramica, sostitute poi dal vetro e l’acciaio, quest’ultima per smorzare la carica alcolica.
Grappa
La grappa è prodotta distillando la vinaccia, la parte solida dell’uva (buccia e vinaccioli), mentre il Distillato d’Uva è ottenuto distillando l’uva intera fermentata, quindi il mosto fermentato e la sua vinaccia insieme.
Il distillato di uva quindi si colloca a metà strada fra una Grappa (ottenuta distillando unamateria prima solida quale la vinaccia) e un Brandy (ottenuto distillando una materia primaliquida come il vino), essendo ottenuto distillando sia la parte solida che la parte liquidadell’uva.
Un distillato d’uva è normalmente più elegante e fruttato di una Grappa, che viceversa è tendenzialmente più intensa e strutturata.
Mezcal
Il mercato del mezcal si basa ancora largamente sulla distillazione domestica. Prodotto all’interno delle fattorie, alcune delle quali si trovano a più di 2000 metri di altitudine (San Louis del Rio), la produzione di mezcal si colloca naturalmente nella continuità del lavoro agricolo e supera raramente i 400 litri al mese. Si stima a circa 500 il numero dei produttori di mezcal che usano ancora metodi ancestrali. Dopo il 2005 ogni distilleria, indipendentemente dalla propria dimensione, dispone di un NOM, un numero di identificazione posto sull’etichetta che permette di identificare l’origine del prodotto.
Sette stati del Messico sono autorizzati a produrre mezcal: Oaxaca, Guerrero, Guanajuato, San Luis Potosi, Zacatecas, Durango e Tamaulipas. I vincoli legati alla tipografia dei luoghi (montagne, suoli poveri) limitano la coltivazione dell’agave, che così non può essere intensiva tranne che nello stato di Jalisco. La coltivazione in terrazza è la più usata e, per le varietà più rare, la resa per ettaro non supera le 400 piante di agave.
Il mezcal può essere prodotto a partire da differenti specie di Agave coltivate negli stati, tuttavia domina una varietà chiamata “espadin”.
Una volta sradicata dal suolo, l’agave è spogliata delle sue foglie per scoprire il cuore: la pigna. Una pigna di 70 chili produrrà circa 10 litri di alcool. Tagliate in due o in quattro, le pigne sono sistemate all’interno dei forni (o palenques) scavati sotto terra: di forma conica, che misurano più di 3 metri di diametro e 2,5 metri circa di profondità, questi forni sono piastrellati di pietre che si preriscaldano 24 ore prima di depositarvi le pigne. Ricoperti dei resti fibrosi di agave ancora umidi dalle cotture precedenti, le pigne sono interrate sotto un ammasso di foglie di palma, di agave e di terra, poi lasciate in cottura per 2 o 3 giorni. Una volta cotte, sono scoperte e messe a riposare all’aria aperta per una settimana.
Si sviluppa allora una prima fermentazione spontanea. Le pigne sono in seguito macinate in un mulino di pietra azionato da un asino o da un cavallo. La polpa, il succo e le fibre sono mescolate ad acqua (circa il 10%) per produrre un liquido dolce. Il liquido di fermentazione così ottenuto è versato in una cuve di legno. Inizia allora una seconda fermentazione naturale che può durare da una a quattro settimane. Il mezcal viene poi distillato due volte, eccezionalmente tre. La distillazione si effettua generalmente in alambicchi di rame (introdotti dagli spagnoli) o in ceramica (introdotti dai cinesi). Il mosto vi è versato con una parte dei residui fibrosi dell’agave. Al termine della prima distillazione, l’alambicco è svuotato del suo contenuto prima che sia operata una seconda distillazione.
Tradizionalmente il mezcal è messo a riposare in giare di ceramica. Ma sempre più le cuve in inox tendono a rimpiazzarle. L’introduzione dei fusti è relativamente recente (1950) e si tratta per la maggior parte di fusti ex-bourbon. I fusti ex-sherry sono utilizzati per cuvée.
Pisco
Se lo contendono Perù e Cile. Entrambi i Paesi, infatti, producono il pisco e ne rivendicano la paternità. Prevale però la matrice peruviana dove il distillato è anche bevanda nazionale e nel 1988 è stato riconosciuto patrimonio culturale di tutta la nazione. Ma le dispute non finiscono qui. Restando in Perù, c’è un’altra “lotta” che coinvolge due correnti: una convinta che l’uva dalla quale deriva il distillato fosse già coltivata al tempo degli Inca (XIII secolo), e l’altra (più credibile) pronta a rivendicare che l’uva sia stata portata dagli spagnoli alla fine del XVI secolo.
Il nome Pisco deriva dall’omonima città portuale a 200 chilometri dalla capitale Lima, da cui partivano le navi, con a bordo le bottiglie, dirette alle altre colonie.
È un distillato dal gusto intenso e dal colore trasparente, si ottiene da mosto fermentato di uve Italia, Moscatel, Torontel e Albilla se aromatico o da uve Quebranta, Negra Criolla, Mollar e Uvina se non aromatico.
Si beve liscio, a piccoli sorsi, a una temperatura che va dai 12° ai 16° ed è l’ingrediente principale del Pisco Sour, il cocktail nato negli anni Venti nel Morris Bar, un locale di Lima gestito da un barman americano. La ricetta? Pisco, succo di limone, zucchero, bianco d’uovo, due gocce di angostura e ghiaccio.
Rum
Il Rum (indicato anche come Rhum nei paesi di lingua francese e Ron in quelli di lingua spagnola) è l’acquavite ottenuta dalla distillazione della melassa della canna da zucchero.
Dall’inglese rumble, “gorgogliare” e boil, bollire; in francese bouillir, “bollire”; secondo altri, più semplicemente, rum potrebbe essere una voce abbreviata, usata dai monaci e derivante da saccharum (Saccharum officinarum, nome scientifico della canna da zucchero).
Vengono identificate, all’interno del vasto panorama della produzione, tipologie di rum che sono riconducibili alle lavorazioni tradizionali utilizzate nelle varie aree dei Caraibi.
Stile cubano e portoricano: viene usata come materia prima la melassa, distillata in alambicco continuo. Si ha un distillato leggero e raffinato.
Stile giamaicano: viene usata come materia prima la melassa, distillata in alambicco discontinuo. Si ha un distillato scuro e forte.
Stile francese: viene usato come materia prima il succo di canna da zucchero, distillato in colonna continua. Si ha un distillato con sentori fruttati e floreali.
Stile Trinidad: viene usata come materia prima la melassa, distillata in alambicco continuo. Si ha un distillato con sentori di legno forte.
Tequila
Il tequila è un distillato originario del Messico, elaborato dalla distillazione dell’agave blu (“Agave tequilana”), prodotta originariamente nella località messicana di Tequila e nelle sue vicinanze, nello stato di Jalisco.
Il nome “Tequila” indica una Denominazione di Origine Controllata, riconosciuta internazionalmente e designa l’acquavite di agave con gradazione alcolica di 40-45 gradi e ottenuta tramite doppia distillazione in alambicco discontinuo.
Per avere il nome di “tequila” il prodotto deve essere fabbricato in Messico e contenere almeno un 51% di distillato di agave blu, il grado di purezza del tequila si misura dalla percentuale di distillato di agave contenuta. Infatti al distillato di agave si può mescolare lo sciroppo di mais o la canna da zucchero.
Queste le tipologie di Tequila previste dal disciplinare:
- Blanco (bianco) o Plata (argento): uno spirito bianco, non invecchiato e imbottigliato immediatamente dopo la distillazione, o invecchiato poco più di due mesi in barili di quercia;
- Joven (giovane) o Oro: un tequila bianco non invecchiato miscelato con tequila invecchiati o riposati, glicerina e/o estratti di quercia aggiunti così da sembrare un tequila invecchiato;
- Reposado (riposato): invecchiato almeno due mesi, ma meno di tre anni in barili di quercia;
- Añejo (invecchiato o vintage): invecchiato minimo un anno, ma meno di tre anni in barili di quercia;
- Extra añejo (extra invecchiato o ultra invecchiato): invecchiato minimo tre anni in barili di quercia.
Vodka
La vodka (in polacco wódka e in russo водка, letteralmente “acquetta”) è una bevanda superalcolica ottenuta dalla distillazione di patate (fecola e polpa) e cereali. È considerata la bevanda superalcolica tradizionale polacca e russa.
La vodka è un distillato di fecola e polpa di patata e cereali ottenuto da almeno 3 distillazioni e filtrato su materiali diversi (carboni, polveri di diamante, farine fossili, ecc.). Dalla prima distillazione si ottiene la brantowka (vodka bruciata, 15°), dalla seconda la prostka (vodka rustica,30°) e dalla terza l’okovita (acquavite, 70°).
Tralasciando le sostanze responsabili dei sapori tipici di questa bevanda, la vodka è composta principalmente da acqua e alcool (etanolo) presente tra il 37,5 e il 60 percento in volume. Nella classica Vodka russa, il tasso di alcool presente deve essere vicino al 40%, numero attribuito dal famoso chimico russo Dimitri Mendeleev.
La vodka viene utilizzata come base di molti cocktail popolari, come il Bloody Mary, il Sex on the Beach, il Bullshot e il Vodka Martini (chiamato anche Vodkamartini o Vodkatini). Esistono anche bevande a base di vodka, tipicamente di gradazione alcolica notevolmente inferiore, prodotte con aromi di frutta (per esempio limone o melone).
Whisky
Il whisky o whiskey è una bevanda alcolica, ottenuta dalla distillazione di vari cereali fermentati, invecchiata in botti di legno (generalmente di quercia). Alcuni cereali, spesso l’orzo, vengono fatti germinare e trasformati in malto.
La parola whisky (al plurale whiskies) è generalmente usata per indicare quelli distillati in Scozia e in Canada, mentre con la parola whiskey (al plurale whiskeys) si indicano generalmente quelli distillati in Irlanda e negli Stati Uniti. Il whisky canadese è anche chiamato “Rye”.
Il più famoso però è sicuramente quello prodotto in Scozia dove si producono due categorie di acquaviti profondamente diverse: whisky di malto ricavato dalla distillazione di solo orzo, operata solitamente con alambicco discontinuo, e il blended whisky ottenuto dalla miscelazione di whisky di cereali (distillato con alambicco continuo),con whisky di malto.
Accordi internazionali riservano l’utilizzo del termine Scotch whisky solo a quelli prodotti in Scozia, obbligando i produttori di altre regioni che utilizzano lo stesso stile di produzione a utilizzare nomi differenti. Analoghe convenzioni sono utilizzate neiconfronti di Irish whiskey e Canadian whisky.
Bourbon è un termine con il quale si identifica il whiskey prodotto negli Stati Uniti per fermentazione e distillazione di granoturco, segale e malto d’orzo e che deve il nome alla contea omonima del Kentucky, dove storicamentene fu iniziata la produzione.
Liquori
Con il termine liquore si identifica una bevanda spiritosa con alcool di origine agricola neutro, di gradazione superiore ai 15 gradie non superiore ai 55 gradi, con contenuto minimo di 100 g/l.
I liquori possono essere prodotti con tre metodi differenti: per distillazione, per infusione, oppure l’insieme dei due sistemi.
Ci sono liquori amari caratterizzati dalla presenza di amaricanti, liquori dolci dove sono predominanti agrumi o ciliegie, creme di liquore ove abbiamo un distillato miscelato conpanna, cacao o frutta.
Una divisione ulteriore dei liquori è fra naturale quando l’ingrediente è segnalato in etichetta tipo curaçao, sherry o orange oppure fantasia dove l’aroma non è definito esempio Stregao Galliano.
Amari e Bitter
Gli Amari sono dei preparati alcolici, delle bevande spiritose dal gusto spiccatamente amaro usate come aperitivo o digestivo. Attenzione a non confonderli con i distillati: gli amari nascono da distillazione, miscelazione o macerazione, tuttavia vengono sempre aggiunti aromatizzanti come erbe, fiori, radici, aromi, spezie e se necessario zucchero.
I Bitter sono delle soluzioni di alcol (spesso ad alta gradazione) con radici, cortecce, spezie, semi ed altri ingredienti erbacei o vegetali. Il contenuto zuccherino tendenzialmente è molto basso o, più spesso, totalmente nullo.
In origine i Bitters venivano utilizzati con scopi medici, per curare le numerose malattie che affliggevano i popoli nell’era antecedente la scoperta della penicillina. L’alto contenuto di alcol, infatti, era teso a garantire una completa estrazione dei principi attivi delle botanichevolti a lenire i malanni.
L’effetto secondario, ritenuto poco importante, era la conseguente presenza nel Bitter d itutti gli aromi e sapori presenti nelle spezie. Molti di questi erano molto amari o addirittura sgradevoli tanto che, ancora oggi, diciamo “tappati il naso e manda giù la medicina”. Lo scopo medicamentoso rendeva estremamente poco considerato il gusto o l’aroma e le spiccate sensazioni amare valsero a questi prodotti il letterale “bitter”, dall’inglese amaro.
Vermouth
Anche se più legato al mondo del vino il Vermouth viene spesso equiparato a uno Spirit.
La legge italiana definisce vermouth o vermut un prodotto composto da almeno il 75% di vino dolcificato e aromatizzato con un’infusione alcolica composta da varie piante aromatiche, la cui principale risulta essere l’assenzio nelle sue varietà Pontico e Romano. I biotipi di uva potranno essere a bacca bianca che rossa. La provenienza non è disciplinata, pertanto per la produzione di vermouth si possono usare vini di provenienza straniera, solitamente spagnola.
Il grado alcolico e il tenore zuccherino variano a seconda delle tipologie di prodotto: Bianco, Rosso e Rosé. Devono contenere 130g di zucchero per litro e un grado alcolico non inferiore ai 14,5 da disciplinare del 2014. Nel 2017 ad aprile è stato approvato un disciplinare di tutela per il vermouth di Torino che ha criteri qualitativi più restrittivi: il 75% di vino dovrà essere per intero italiano.