La zona di produzione del Chianti Classico si estende nella parte centrale della Toscana su circa 72000 ettari, di cui solamente un decimo sono vitati ed idonei alla produzione della denominazione, distribuiti su otto comuni, cinque nella provincia di Siena e tre in quella di Firenze che sono Barberino Tavarnelle, Greve in Chianti e San Casciano in Val di Pesa. Il territorio è caratterizzato da un paesaggio collinare ondulato, con vigneti che si arrampicano su dolci pendii situati a un'altitudine che varia dai 200 ai 700 metri sul livello del mare e si alternano a boschi e oliveti. Il suolo della zona è variegato e frutto delle azioni tettoniche e dei cambiamenti climatici avvenuti a cavallo fra i periodi del Paleogene e del Neogene, circa venticinque milioni di anni fa. In questo periodo si sviluppa il Macigno del Chianti, una particolare tipologia di arenarie caratterizzata dalla presenza stratificata di sabbie e pietre, chiamate anche Pietra Serena e Pietraforte, in base alla resistenza in opera agli agenti atmosferici. Alberese e Galestro si sono originate quando la regione era coperta da un mare tropicale, la prima è un calcare marnoso con un alto contenuto di carbonato di calcio, il secondo è uno scisto argilloso che deriva dalla compattazione di sedimenti più fini. L’attività tettonica nata dall'interazione tra la placca africana e quella euroasiatica, che ha generato l'Appennino toscano, ha portato alla formazione di catene montuose e colline mentre la lenta erosione ad opera dei fiumi e dei cicli glaciali, che hanno più volte modificato il livello del mare, ha creato, a quote più basse, suoli più giovani caratterizzati dalla presenza di depositi fluviali, lacustri o sabbie marine. Il Consorzio Vino Chianti Classico ha recentemente identificato 11 Unità Geografiche Aggiuntive, generalmente chiamate UGA, che rappresentano sottozone specifiche all'interno del disciplinare, che, in virtù delle proprie caratteristiche geografiche e climatiche, consentono una maggiore distinzione e valorizzazione dei vini, permettendo ai produttori di esprimere le peculiarità del loro territorio.
Panzano, 600 ettari vitati, poco più di un quinto della sua estensione, è una delle quattro Unità Geografiche che ricade all’interno dei confini comunali di Greve in Chianti e ne interessa il settore sud-occidentale. L’altimetria dell’Unità varia dai 250 ai 650 metri sul livello del mare e a livello geologico si trovano principalmente Pietraforte, Formazione di Sillano e argilliti scistose, separate tra loro da confini sfumati, mentre il Macigno è prevalente nella zona orientale e l’Alberese si trova in sparuti affioramenti discontinui. Qui le differenze di esposizione sono importanti più che in altre zone e l’area viene a sua volta suddivisa facendo riferimento a due versanti opposti, afferenti a due diversi bacini idrografici praticamente separati dalla strada che da San Casciano in Val di Pesa porta a Panzano e prosegue poi in direzione ovest verso Volpaia. Il versante orientale che comprende i toponimi di Vitigliano e Montagliari, meno esteso e più fresco in quanto rivolto verso la catena dei Monti del Chianti, ricade nel bacino idrografico del fiume Greve e produce vini dal taglio fruttato e carnoso. Quello occidentale rientra invece nel bacino idrografico del torrente Pesa e raccoglie in sé la maggior parte dei vigneti, fra cui quelli prevalentemente su argilliti scistose e Formazione di Sillano della Conca d’Oro dove nascono vini vigorosi con una leggera quanto riconoscibile vena terrosa.
La famiglia Manetti è storicamente nota nel Chianti per la produzione del cotto dell’Impruneta, avendo contribuito a restauri di monumenti come la cupola del Duomo di Firenze e il pavimento della Galleria degli Uffizi. La loro storia nel mondo del vino inizia invece nel 1968 con l'acquisto dell’azienda agricola Fontodi, situata nella Conca d’oro di Panzano in Chianti, con un cambio di rotta databile 1980, quando i giovani membri della famiglia, Giovanni e Marco, iniziarono a gestire attivamente le vigne e nel 1981 lanciarono il Flaccianello della Pieve, un vino audace per l’epoca creato grazie alla consulenza del giovane enologo Franco Bernabei con solo Sangiovese da un singolo vigneto, quello meglio esposto, e nella vinificazione combinava tecniche tradizionali e innovative, con una lunga macerazione a temperatura controllata, seguita da un affinamento in barrique e in bottiglia. Da allora, Fontodi ha acquisito nuovi terreni, attualmente gestisce 220 ettari di cui 100 vitati, in cui si praticano scelte agronomiche biologiche e sostenibili: non si utilizzano prodotti chimici di sintesi ma si concima utilizzando un compost derivante dai residui di potatura e dal letame dell’allevamento di chianine dell’azienda. La cantina è stata ammodernata e ampliata nel 1997 disponendola su livelli discendenti in modo da operare per gravità con un approccio il più rispettoso possibile della integrità naturale delle uve.