A scoprire le potenzialità produttive di Lamole – un borgo diffuso oggi frazione di Greve in Chianti – furono per primi i Romani che portarono in altura le coltivazioni della vite e dell'olivo individuando nella posizione, nella perfetta esposizione e insolazione, nelle caratteristiche di un anfiteatro naturale protetto a nord dal Monte San Michele e rivolto al mar Tirreno, il luogo ideale per le attività agricole. Nel Medioevo, la produzione assunse un'importanza ancora maggiore tanto che Lamole venne protetta da un Castello eretto dalla famiglia fiorentina Gherardini nel 1350 di cui rimangono ancora numerose tracce. Resa famosa dalla produzione di essenza di giaggiolo (l'Iris fiorentina) apprezzata alla corte di Caterina de' Medici in Francia, la tradizione di qualità – che trovava e trova chiaro esempio nella complessa rete dei terrazzamenti - venne proseguita nei secoli successivi e ancora nell'Ottocento, Lamole veniva indicata da pubblicazioni dell'epoca come una delle “culle” del Chianti di qualità.
Il boom industriale del fondovalle ha, nel passato, svuotato il borgo di Lamole di larga parte dei suoi abitanti, rendendo ancora più difficili, persino “eroiche”, le attività agricole, appannaggio di un ultimo gruppo di tenaci coltivatori. In questo contesto, nel 1993, la tenuta “Lamole di Lamole” è entrata a far parte di Santa Margherita Gruppo Vinicolo che immediatamente ha proceduto al recupero dei vecchi vigneti, al ripristino delle loro caratteristiche originarie, alla ricostruzione manuale dei terrazzamenti per molto tempo abbandonati (così da combattere l'erosione dei suoli), alla piantumazione di ginestre, giaggioli ed altre essenze autoctone.
Un'attenzione all'integrità dell'ambiente naturale e del paesaggio - un vero e proprio “metodo Lamole” - confermata oggi nella progressiva conversione al biologico dei vigneti e degli uliveti di “Lamole di Lamole”.